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 Da u corsu à u talianu... oppure dall'italiano al corso!


25 - l'uso di alcune parole correnti in corso ma che non esistono in italiano oppure hanno un significato diverso

 

 

i) tandu

 

"tandu" è una parola strausata in corso, e che ha parecchi significati. Giova un po' per tutto, e il più delle volte ha i sensi seguenti :

1) "allora", "in quel tempo", "in quell'epoca", "all'epoca", oppure "di una volta"

2) "in quel momento", "allora"

3) "dopo" (per signalare qualcosa d'ulteriore e che è la conseguenza della prima frase o proposizione), "così" (con il senso di conseguenza : "così facendo", 'avendo fatto così")

4) "in questo caso"

Ovviamente, il corso lascia altre possibilità. Però l'utilizzazione di "tandu" è abbastanza "invadente" :

italiano

corso

note

In quel tempo (allora) si parlava corso sempre.

La gente di una volta.

tandu si parlava corsu sempre sempre.

a ghjente di tandu.

si può dire "à/in quelli tempi" anche in corso. Ma non "allora"
si può dire "a ghjente d'una volta"
ha aperto la porta ed è intrato. In quel momento (allora) ha detto ... hà apartu a porta e(d) hè intrutu. Tandu hà dettu ... qui si può anche dire "allora"
Se riescerai a vincere facilmente, dopo(in questo caso) avranno tutti paura di giocare contro te.

Metterai un po' d'acqua. E così avrai la pasta come vuoi che essa sia.

sì tù riesci à vince faciule, tandu avaranu tutti a paura di ghjucà contr'à tè.

Mittarè un pocu d'acqua. È tandu avarè a pasta cumè tù voli ch'ella sia.

anche qui "allora" è possibile

 

qui "cusì" è possibile anche in corso

Puoi venire, ma in questo caso privienimi.

Ma in questo caso, non può più funzionare

poi vene, ma tandu privenimi.

 

ma tandu ùn pò più viaghjà.

"allora" e "tandu" sono sinonimi in questo caso

 

"funziunà" è possibile, ma meno corrente

 

 

ii) soga (o "soca", è lo stesso per la pronuncia)

 

L'uso più corrente di questa parola è per fare una "falsa" domanda : il locutore finge di domandare qualcosa però sa già la risposta (oppure crede di conoscerla). Quindi si capisce che "soga" è spesso usato per ironia, o nelle domande rettoriche. E' perciò che spesso sembra giudizioso tradurlo con il futuro semplice di probabilità (che esiste anche in corso del resto). Lo si può usare anche senza fare una domanda.

italiano

corso

note

hai probabilmente perso la bussola ! o probabilmente stai perdendo la bussola !

avrai perso la bussola !

soga svaculeghji?!

che potrebbe anche essere:

soga svaculeghji!

esempio inteso tale quale. Il verbo è "svaculà" (con la "v" che si dice "b" nella regione presa in esame - da vedere il capitolo sulla "scunsunatura"). C'è anche un infisso -eghj-. Ci sarà un capitolo apposito per spiegarlo.
siamo forse amici ? Forse che siamo amici ? soga semu amichi ? Semu amichi, soga ? domanda rettorica, che si potrebbe fare a qualche importuno per esempio. Anche in corse, "forse" starebbe bene.
doveva probabilmente succedere così sòga avia da andà cusì (ho ripreso il suo esempio con la sua grafia) come lo dice M. Ceccaldi, può signalare la resignazione : non è una domanda, però l'ipotesi fatta è ritenuta la più probabile

 

M. Ceccaldi nel suo dizionario lo da anche come semplice sinonimo di "forse" o "può darsi" :

"un è micca vinutu, sòga è malatu" (grafia conservata).

P. Marchetti nel suo dizionario "L'Usu Corsu" ritene il significato qui evocato (questo sembra che faccia l'unanimità), ma aggiunge che se non è un'interrogazione, deve essere seguito dal futuro ipotetico:

"[sempre seguito dal futuro ipotetico], forse, forse che [...] Sòca si sarà firmatu per istrada. Sòca a saperai mégliu che mè[...]". Questa nore raggiunge dunque ciò che abbiamo detto al principio di questo punto in quanto alla maniera più giudiziosa di tradurlo.

Occorre dire che S. Casta, nel suo libro "La Syntaxe du Corse" (cioè "La Sintassa del Corso") contesta vivamente l'uso di "soga" come sinonimo di "può darsi" :

"certuni fanno, a torto, di SOCA un sinonimo "idiomatico" di FORSE. E' ignorare gli impieghi e tenere poco conto di l'etimologia : soca < SOC, variante di "sic" in latino, il quale ha dato, fra altri, il "sic" del francese letterario o giornalistico applicato a uno sproposito, a una sconvenienza, perfino a una mostruosità. Sproposito, sconvenienza, mostruosità che questo "sic" segnala ironicamente "al volo" il più delle volte in frasi assertive invece che suo cugino corso SOCA annuncia sempre che li si rifiutano oppure ce ne se indigna (NDA : di questo sproposito, di questa sconvenienza,...)."

 

iii) Mancu

 

"mancu" esiste anche in italiano, però sembra che il suo uso sia molto più corrente in corso. Eccone alcuni esempi :

italiano

corso

note

non è neanche venuto ùn hè mancu vinutu "neancu" esiste in corso ma è molto più raro.

Questo è l'impiego più comune

nient'affatto manc'appena "nullaffattu" lo da M. Ceccaldi nel suo dizionario però sembra ormai in disuso.

qui si può anche dire "micca" o "micca micca", ma "manc'appena" è molto corrente.

nemmeno io manch'eiu "nemmenu" esiste in corso, e "nemmenu eiu" è possibile ma raro
non ha neanche vergogna mancu hà a vargogna "ùn hà mancu vargogna, ùn hè mancu vargugnosu, ùn si vargogna mancu" sono possibili.
non se faccia neanche per ridere ! manc'à a risa !  

 

iv) avà

 

"avà" che si trova nei testi antichi, ha tre significati secondo l'intonazione. Il senso di "base" è quello di "adesso, ora" (esse non esistono in corso). Hè l'apocope di "avale" che non si sente quasi mai. M. Ceccaldi da anche "avalella". C'è anche la forme locale "avane" (per ricostruzione errata di l'apocope ?).

italiano

corso

note

adesso non ne rimane più avà ùn ne ferma più è il verbo "firmà", che vuole dire "rimanere" (fra altri sensi). "rimane" lo da come raro Ceccaldi nel suo dizionario. Non l'ho mai sentito. Ogni tanto si sente il verbo "ristà".
è partito or ora "hè partutu avà", oppure "hè partutu appen'avà", o anche "hè partutu avà avà", c'è anche "hè partutu à temp'avà"

hè partutu amparavà (M.Ceccaldi.) (à in par avà ? D.A. Geronimi lo scrive "ad in par avà")

le due prime forme sono le più diffuse. Al giorno d'oggi, si sente sempre più "vene di parte", che sarebbe un calco del francese, benche sicondo P. Marchetti questa costruzione esistesse già molto tempo fa in italiano (ma veneva dal francese comunque)
macché ! avà ! denegazione (con certezza di aver ragione). L'intonazione è importantissima.
sul serio ? avà ? o avà ?! incredulità o sorpresa. L'intonazione è importantissima.
finora, sinora ad avà "fin'à(d) avà" è possibile

 

M. Ceccaldi da un altro esempio : "più d'avà un è isciutu" (grafia rispettata) : "è isciuto solo or ora"

 

v) "fatti chì" e "pò esse"

 

L'espressione "fatti chì" ha come variante a seconda dei luoghi "fà chì" e "fattu chì". C'è necessariamente una proposizione subordinata che segue e di solito non si riprende mai il pronome personale. La proposizione subordinata è sempre al modo indicativo, al contrario di quelle che seguono "pò dassi" (o "si pò dà" oppure  "pò esse" che vogliono tutte il congiuntivo.

Ha il significato di "può darsi"("pò dassi" o "si pò dà" in corso), il quale esiste in corso (più o meno secondo le parlate), e di "pò esse", forse traccia di l'influenza francese. Ci sono anche "forse" e "soga" come abbiamo visto per indicare la possibilità.

italiano

corso

note

può darsi che lei abbia sbagliato fatti chì s'hè sbagliata le quattro frasi hanno lo stesso significato. Nella regione presa in esame, le tre prime sono diffuse una quanto l'altra.

Come abbiamo detto, non si riprendre il pronome con "fatti chì".

"pò anch'esse" è molto usato : può esprimere semplicemente un'altra possibilità, ma anche dare una possibilità un po'più probabile.

pò esse ch'ella si sia sbagliata

pò anch'esse ch'ella si sia sbagliata

pò dassi (o "si pò dà") ch'ella si sia sbagliata
forse pò esse  
pò anch'esse
forse

 

vi) face chì

 

"face chì" (che ha come variante "si face chì") è molto usato per dire "ne risulta che"("ne risulta chì" esiste anche in corso). Si costruisce la proposizione subordinata senza riprendere il pronome personale.

italiano

corso

note

ne risulta che non è potuto venire face ch'ùn hè pudutu (o "pussutu") vene "ne risulta ch'ellu ùn hè pudutu vene" starebbe bene ma è meno diffuso

 

vii) 'ce chì

 

" 'ce chì" è l'aferesi di "si dice chì" di cui il significato è chiaro e non vuole traduzione. Ha come varianti " 'ci chì" oppure " 'cio chì" in altre regioni. La preposozione subordinata si costruisce sempre senza riprendere il pronome personale.

italiano

corso

note

si dice che sarebbero arrivati 'ce chì sarianu ghjunti "arrivà" è scarso in corso

 

viii) "ind'è" (o "indè"), " ind' " e "indì" (o "ind'ì")

 

"indè" (oppure "ind'è", grafia più logica, ma più complessa) è una preposizione corsa che significa "da, a casa si, presso".

italiano

corso

note

andrò a casa tua (da te) andaraghju indè "andaraghju in casa toia" è possibile
sono andata da lui sò andata indè ellu non si fa l'elisione, probabilmente perché la vocale è tonica

 

" ind' " è la forma che prende "in" davanti a "un", "una", "issu", e "istu", e le parole che cominciano con una vocale, salvo "ogni" ("in ogni casu/modu" ecc.).

italiano

corso

note

il pane era avviluppatto in un pezzo di tessuto di un sacco u pane era ingutappatu ind'una pezza di saccu "ind'una pezza" è stato inteso tale quale. Il resto della frase è stato ricostruito per i bisogni del esempio.
in questo momento ind'istu mumentu inteso tale quale.

ci sarebbe un'esitazione con la grafia "indì stu" mumentu" (da vedere sotto per capire), però non sembra che l'accento tonico cada su "di".

Davanti agli articoli, dipende dagli usi regionali.

italiano

corso

note

nell'intrata del forno

nel forno

nell'acqua

nel muro

indì l'intrata di u fornu

in lu fornu

indì l'acqua

/in lu muru

si può dire "in lu" ecc., dipende dalle volte. Questi esempi sono stati intesi tutti quanti.

Sono validi per la regione esaminata.

nel forno ind'u fornu questo esempio è valido per altre regioni. In queste regioni, si mette sempre "ind' "davanti a una vocale, anche gli articoli.

"indì" si trova anche per introdurre le proposizioni : "là dove vuoi" = "indì tù voli" (oppure "induv'è tù voli" più raro)

 

ix) "ghjà"

 

Il significato comune di "ghjà" è "già". Però nella Corsica meridionale, si usa spesso a seguito di un imperativo, forse spesso per ingentilire un ordine, ma non è sempre così. E' da essere visto come un espletivo idiomatico. E' strausato nella regione esaminata.

italiano

corso

note

dimmi un po' dimmi ghjà la pronuncia in una frase è sempre "ià", dato che il suono "ghj" si addebolisce in "i" dopo una vocale atona
dammi un po' questo libro dammi ghjà stu libru

 

x) signi, signe

 

 

E' un avverbio (che si accorda, ma è sempre al plurale) che è usato (ancora abbastanza) con il significato di "rispettivo, ognuno con il proprio ...".

In corso è sinonimo della perifrase "inghjunu cù u so propiu ..." oppure della espressione "par omu".

italiano

corso

note

siete saliti (al paese) ognuno con la propria macchina ? sete cullati cù signe vitture ? inteso tale quale
sete cullati cù una vittura par omu ?
si dice "omu" anche se non sono uomini
sete cullati inghjunu cù a so (propia) vittura ? "inghjunu" è la forma locale di "ugnunu", il quale si può anche dire
da un libro a ognuno. dalli signi libri.  
dalli un libru par omu.
dà un libru à inghjunu.

 

xi) micca

 

"mica" esiste in italiano, però bisogna far caso che il suo uso è un po'diverso : prima, "micca" in corso non è familiare. In sicondo luogo, può essere usato in certe espressioni o costruzioni diverse dall'italiano standard.

Infine, non va mai adoperato insieme a un altro termine di valore negativo (nulla, mai, nimu, mancu, ...).

N.B. : può darsi che fosse così nel passato, però non sembra giustificato al giorno d'oggi considerarlo come un semplice rinforzamento della negazione, poiché si sente spesso (anche da locutori di qualità) senza che si voglia particolarmente insistere. Rimane invece un rinforzamento se si trova con i verbi "vulè, pudè, sapè".

 

italiano

corso

note

non lo so. ùn la sò. queste costruzioni sono identiche all'italiano, e non si usa necessariamente "micca"(nell'ultima frase, è anche impossibile).

non dimenticare la preposizione "à" davanti "Ajaccio" poiché è un nome proprio.

non posso patirlo ! ùn lu possu pate !
non voglio saperlo. ùn la vogliu sapè.
povero, non è. povaru, ùn hè.
non conosci che Ajaccio ùn cunnosci cà à Aiacciu
dammi il bicchiere e non la bottiglia ! dammi u bichjeri è micca a buttiglia ! non si fa uso di "ùn" in questi casi.

 

è un proverbio corso : "vene" può avere il senso di essere parenti, "tene" quello di amare.

ricordami la nostra amicizia e non la nostra parentela. dimmi quantè tù mi teni è micca quantè tù mi veni
proprio niente micca micca può essere radoppiato per rinforzare la negazione come risposta. E' meno corrente di "manc'appena" in questo caso.
manc'appena
poco o niente pocu è micca espressione abbastanza corrente
credi che avrebbe fatto qualcosa ?! Nient'affatto ! (a) credi ch'ellu avessi fattu calcosa?! Micca !

o

ma'ch'ellu avessi fattu calcosa ?! Micca !

esempio di uso corrente. "Micca" può essere impiegato come risposta anche se la domanda viene da un'altra persona.

"null'affattu" lo da M.Ceccaldi, però non si usa più.

non ancora ancu micca già visto nel capitolo su "ancu".
hanno rubato tutto nella casa, ma nessun'arma. s'anu pigliatu tuttu in la casa, ma arme micca ! (più forte di "micca arme") collocato dopo il nome, indica una negazione più forte (e quasi totale) che collocato innanzi.

la costruzione con il pronome riflettivo espletivo (e spesso l'ausiliare "avè") è molto corrente in corso. Per dire "rubare", ci sono "furà" e "arrubà" (oppure "rubà").

non l'ha venduto ùn l'hà micca vindutu inteso tale quale. Non c'è insistenza notevole, si potrebbe dire "ùn l'hà vindutu".
occorre non essere rumurosi accorre à ùn esse micca rimurosi "ùn" e "micca" si trovano sempre da una parte e dall'altra del verbo coniugato e dei pronomi (cioè l'ausiliare per i tempi composti, come nel esempio qui sopra), e anche da una parte e dall'altra dell'infinito in una proposizione infinitiva.

N.B. : "ùn ci vole micca à fà rimore" starebbe molto meglio in corso corrente.

 

 

xii) tamantu,-a,-i,-e

 

"Tamantu" esiste in certi dialetti italiani, ma è molto usato in tutta la Corsica. I casi in cui si ne fa uso e i significati sono questi :

italiano

corso

note

come è grande/grosso! (grossa) tamantu! (oppure "tamanta !" se è una femmina) si può impiegare anche per un oggetto. E' molto corrente.
come sono grandi/grossi! (grosse) tamanti! (oppure "tamante !" se sono femmine)
che grande casa ! tamanta casa ! "tamant'omu!", "tamantu impiastru" sarebbero molto ironici.
che lavoro ! tamantu travagliu !
ha fatto un lavoro incredibile. hà fattu un travagliu tamantu. "incridibule" sarebbe possibile in corso
hà fattu un tamantu travagliu .
è grande/grosso/lungo/alto così tamantu cusì insegnando una dimensione con le mani in genere.
è così grande come me hè tamantè (= tamant'è) mè il -è- è una congiunzione espletiva che si usa sempre per le comparazioni, qualsiasi sia l'avverbio impiegato. Vuole una pronuncia forte della consonante che segue, quindi ce si mette l'accento.
semu pari (per la statura)
hè maiò quantè (= quant'è) mè

 

xiii) altru (antru/astru), altru nimu, altru nulla (in costruzione)

 

"altru" è esattamente lo stesso dell'italiano "altro". Però, possede un uso (molto diffuso) che l'italiano non ha, e può essere composto (e anteposto) con "nimu", "nulla"; può diventare "antru" e più raramente "astru".

 

italiano

corso

note

altroché ! altru ! (interiezione corrente)
ne voglio un altro ! ne vogliu un altru / un antru "antru" e "altru" sono possibili tutti e due qui. "antru" viene anche meglio
un'altra casa un'altra casa / un'antra casa
un'altra prova un'altra prova / un'antra prova
un altro piatto un altru piattu / un antru piattu
gli altri sono arrivati l'altri sò ghjunti / l'astri sò ghjunti "arrivà" è raro in corso. "l'antri" o "antru" non sono possibili qui. "l'astri" è possibile, però è raro nella regione esaminata.
il mio discorso è altro u me discorsu hè altru
non c'è nessun'altra persona ùn ci hè altru nimu costruzione molto correnti. "nimu d'altru", "nulla d'altru" sono francisismi errati, ma ormai frequenti.

La "d' " è un articolo detto "partitivo" senza funzione proprio al francese, ma che si sente spesso in corso in certe costruzioni sbagliate, in particulare questa : "ci ne hè d'altri", "ne aghju vistu d'altri", per "ci ne hè altri", "ne aghju vistu altri",...

non c'è nessun'altra cosa ùn ci hè altru nulla

 

xiv) une poche, uni pochi, duie, dui

 

 

E' una locuzione molto usata in corso, che in significato di "alcune, alcuni". Si può aggiungere "belle" o "belli" per rinforzare e in questo caso, tende a avere il senso di "parecchie", "parecchi". Può essere adoperata da sola, ma se è seguito da un nome, bisogna mettere "di" tra "une poche/uni pochi" e il detto nome.

"dui" o "duie" sono più o meno sinonimo di "uni pochi" e "une poche".

italiano

corso

note

ci sono alcune persone anziane ci hè une poche di parsone anziane ricordarsi che ci vuole "ci hè" e non "ci sò"

ovviamente qui, non si può usare "duie" se le persone non sono due.

abbiamo colto alcune castagne emu coltu une poche di castagne "emu" è la forma corta di "avemu" che si trova con le forme composte

sembra chiaro che le castagne coste non siano due, quindi non c'è equivocità e si può usare "duie"

emu coltu duie castagne
abbiamo colto parecchie castagne emu coltu une belle poche di castagne "duie" rappresenta una quantità minima, non può rimpiazzare "parechje"

da non confondere "une belle poche di castagne" con "belle poche castagne" (=molto poche castagne)

emu coltu parechje castagne
ne abbiamo colte alcune ne emu coltu une poche ricordarsi che il participio passato non si accordo con il pronome "ne". "uni(e) (belli(e)) pochi(e)" può fare da pronome, e anche "dui" o "duie"

da non confondere con "ne emu coltu belle poche" (= molto poche)

ne emu coltu duie
ne abbiamo colte parecchie ne emu coltu une belle poche
alcuni castagni sono morti uni pochi di castagni sò morti ovviamente qui, non si può usare "dui" se i castagni non sono due.

NB : bisognare stare attenti che "alcunu" in corso non ha affatto il significato italiano : è quasi sinonimo (il senso è lo stesso ma si usa un po'diversamente) di "nessuno".

 

 

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